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mer 1 apr 2015
Una bella critica a "Sanguinare"

Prima di andare a vedere uno spettacolo solitamente non leggo nulla. Ne una descrizione, ne le recensioni, ne la trama. Solo, nell’ordine: il titolo, gli attori, il regista e l’autore.
Sanguinare inchiostro – cronache della grande guerra -. Con Andrea Castelli e una compagnia di giovani che ho già visto in altri spettacoli. Regia Carmelo Rifici, vabbè una garanzia, testo di Andrea Castelli.
Questa volta però, qualche parola in più, prima di entrare, la sento. Mi dicono che non c’è una trama. Che sono delle piccole scene, che hanno in comune solo la tematica. So che lo spettacolo nasce da delle lettere che i soldati al fronte, nella prima guerra mondiale, spedivano a casa. Poi mi dicono che i linguaggi descrittivi sono diversi e che la critica de “L’Adige” ha bocciato lo spettacolo (particolare molto rilevante se uno che va a vedere uno degli spettacoli più toccanti delle ultime stagioni continua a chiedersi “ma quella che cazzo ha visto?!”).

Così entro in teatro. Prima incontro gli attori e l’autore, che mi svelano solo alcune cose per non rovinarmi la sorpresa. Poi vedo lo spettacolo e rimango basito.
Lo spettacolo è forte, intenso, impegna lo spettatore sia dal punto di vista mentale che da quello emozionale. Le scene si susseguono con un ritmo incalzante. Non c’è mai tempo di riflettere su quello che si è appena visto che già bisogna ributtarsi nella scena successiva e nelle emozioni che i bravissimi attori trasmettono.
Alcune scene sono più “facili” da capire e seguire altre necessitano di maggiore concentrazione ma questo fa si che lo spettatore si senta dentro lo spettacolo, e con l’aiuto delle spettacolari proiezioni e dei suoni, Rifici riesce a trasportare chi guarda li in mezzo a quei giovani soldati e a far vivere la nostalgia, la rabbia, la tristezza, la paura e le diverse altre emozioni dall’interno.
Le scene di Guido Buganza sono dinamiche e aiutano a frammentare la narrazione, riuscendo però anche a far capire che le storie raccontate possono essere diverse ma queste si svolgevano poco distanti l’una dall’altra. Le luci sono sapientemente disegnate da Lorenzo Carlucci, e aiutano a creare la giusta atmosfera a una finestra buia che da sul muro cieco della storia d’Italia.
Grazie a Castelli, a Rifici e a tutta la compagnia (tutti bravi, bravissimi e sempre intensi e sempre attenti a non perdere neanche una sfumatura delle vicende), chi ha visto lo spettacolo butta giu almeno un mattoncino di quel muro e intravede la verità di un ricordo davvero doloroso.

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