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sab 5 feb 2011
La critica sul Corriere della Sera - 13 gennaio 2011

Dopo la prima al "Piccolo Eliseo" di Roma.

ROMA — Fa un certo effetto vedere spuntare la famigerata stella a cinque punte in palcoscenico e sentir declamare i comunicati dei combattenti che inneggiano alla lotta armata. È la storia vera, recente, una ferita nel tessuto sociale mai rimarginata, che diventa teatro. Perché il teatro ha il dovere di indagare anche sulle ferite della storia recente, mostrandole a chi, troppo giovane, ancora non le conosce. «Avevo un bel pallone rosso» racconta l’avventura umana e politica di Margherita "Mara"Cagol, fondatrice delle Brigate rosse emoglie-compagna di Renato Curcio.

Un testo crudo, scritto e interpretato da Angela Demattè, che affronta con onestà e senza sconti la tragedia del terrorismo con le sue vittime innocenti. Lo spettacolo, prodotto dallo Stabile di Bolzano con la regia di Carmelo Rifici, è stato applaudito l’altra sera al Piccolo Eliseo di Roma, ma ha sollevato non poche polemiche quando ha debuttato in Trentino, terra di nascita della Cagol, e anche della Demattè che dice: «Lo hanno condannato persone che nemmeno l’avevano visto» . Ma il tema è caldo, spinoso, e non sorprende il timore di chi fiuta il rischio dell’apologia. Così è successo, recentemente, anche per il film La prima linea sui terroristi Sergio Segio e Susanna Ronconi: stesse polemiche, stesse diffidenze. Eppure, il testo della Demattè, Premio Riccione 2009, non produce «santini» , non esalta le figure dei terroristi, semmai è inquietante per un’altro tipo di riflessione che fornisce al pubblico: proprio nella normalità di una qualunque famiglia borghese, può accadere che nasca un personaggio come la Cagol. Perché Margherita è una ragazza normale, comune, senza grilli per la testa, cresciuta nella serenità domestica di un nucleo familiare tradizionale, con forti e profondi valori cattolici. È una ragazza acqua e sapone, che frequenta la chiesa e non solo: ha l’abitudine di andare a visitare e fare compagnia agli anziani negli ospizi di Trento. Siamo alla metà degli anni Sessanta. Con il diploma di ragioniera, decide di iscriversi alla facoltà di Sociologia ed è qui che incontrerà il suo destino tragico: il movimento studentesco, le prime contestazioni, i primi processi ai servi del potere, poi la clandestinità, fino alla sparatoria in cui perderà la vita. Nello spettacolo della Demattè si assiste a questo progressivo, drammatico mutamento attraverso il dialogo serrato, intenso, doloroso con il padre della Cagol, un uomo semplice, anche lui inesorabilmente normale, nella magistrale interpretazione di Andrea Castelli. E uscendo dal teatro si è costretti a riflettere, avendo la sensazione di non aver perso una serata.
Emilia Costantini

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